Con la risposta al quesito numero 238 del 3 agosto 2020, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti sulla tassazione IVA relativa alla cessione di beni online e alla previa esportazione doganale e stoccaggio in un deposito fiscale fuori dall’Unione europea.
Il previo invio dei beni all’estero è una mera esportazione “franco valuta” poiché manca il trasferimento della proprietà, elemento caratterizzate delle cessioni all’esportazione disciplinate dall’articolo 8 del decreto IVA.
Il documento di prassi ricapitola anche quali sono le operazioni da effettuare e quando si realizza il perfezionamento del contratto di vendita.
Il primo chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate è quello di inquadrare l’attività nell’e-commerce.
Nello specifico, l’attività descritta si configura come commercio elettronico indiretto poiché la transazione commerciale avviene in via telematica ma il cliente riceve la consegna fisica della merce a domicilio, secondo i canali tradizionali: attraverso vettore o spedizioniere.
Il documento dell’Agenzia delle Entrate specifica inoltre che:
“la stipula e il perfezionamento del contratto di vendita avvengono on-line, come il pagamento del corrispettivo, mentre la consegna del bene avviene “fisicamente”, ossia mediante mezzi ordinari.”
Per quanto riguarda la tassazione IVA, il commercio elettronico è assimilabile alle vendite per corrispondenza per le quali è previsto quanto segue:
- in base a quanto previsto dall’articolo 22 del decreto IVA, non vi è obbligo di emissione della fattura, a meno che non sia richiesta dal cliente ed in quel caso deve essere emessa entro il momento di effettuazione dell’operazione;
- non è previsto l’obbligo di certificazione mediante emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale ai sensi dell’articolo 2, lettera oo), del d.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696.
I corrispettivi delle vendite però devono essere annotati nell’apposito registro, in base a quanto previsto dall’articolo 24 del decreto IVA.
Con riferimento al previo invio dei beni all’estero, l’Amministrazione finanziaria sottolinea che deve essere considerata una mera esportazione “franco valuta” poiché manca uno degli elementi che caratterizzano le cessioni all’esportazione previste nell’articolo 8 del decreto IVA: il trasferimento dei diritti di proprietà sui beni.
Alcuni chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate riguardano anche la fattispecie in cui rientrano le operazioni descritte dall’istante.
In base ai chiarimenti della risoluzione n. 94/E del 2013 la fattispecie individuata è il consignment stock.
L’esecuzione della compravendita, in questo caso, si realizza con il prelievo dei beni dal deposito da parte dell’acquirente.
Con tale operazione si realizzano i presupposti per l’identificazione nella cessione all’esportazione non imponibile, in base a quanto previsto dall’articolo 8 primo comma, lettera a), del Decreto IVA.
Il trasferimento della proprietà dei beni esportati, anche se differito, non esclude che l’operazione, unitariamente considerata, possa considerarsi una cessione all’esportazione non imponibile.
La Corte di Cassazione spiega inoltre che:
“il carattere definitivo dell’operazione, sicché ciò che risulta essenziale (…) al fine di evitare iniziative fraudolente, è la prova (il cui onere grava sul contribuente) che l’operazione, fin dalla sua origine, e nella relativa rappresentazione documentale, sia stata concepita in vista del definiti definitivo trasferimento e cessione della merce all’estero.”
In altre parole, il plafond del articolo 8, comma 2, lettera a), del Decreto IVA, si costituirà solo quando le merci risulteranno prelevate e certificate dall’Istante.
Per provare il definitivo trasferimento della merce all’estero, l’istante può utilizzare la seguente documentazione:
- l’annotazione in un apposito registro delle spedizioni dei beni all’estero, tenuto ai sensi dell’articolo 39 del Decreto IVA, dove riportare per ciascuna annotazione gli estremi del documento di esportazione doganale;
- l’indicazione nella fattura di vendita, emessa al momento della consegna dei beni all’acquirente, della corrispondente annotazione del registro relativa ai medesimi prodotti.
Il documento di prassi sottolinea inoltre che:
“i corrispettivi percepiti dalla Società e derivanti dal commercio elettronico dovranno essere annotati nel registro previsto dall’articolo 24 del Decreto IVA, ferma l’istituzione, insieme allo stesso, di quello di cui al precedente articolo 23 per le fatture eventualmente emesse.”