La nuova edizione dello “EU Industrial R&D Investment Scoreboard 2024” mette in luce una tendenza positiva per le aziende europee, che stanno potenziando gli investimenti in ricerca e sviluppo (R&D) con un ritmo più rapido rispetto ai principali attori globali. Per la prima volta in oltre un decennio, l’industria dell’Unione Europea ha superato Stati Uniti e Cina nella crescita annuale degli investimenti in R&D: nel 2023 si è registrato un incremento del 9,8%, rispetto al 5,9% degli USA e al 9,6% della Cina. Questo risultato testimonia il dinamismo del settore industriale europeo e la sua capacità di rimanere competitivo in un contesto globale in continua evoluzione.
Lo scorso anno, le imprese con sede nell’UE hanno contribuito per il 18,7% agli investimenti privati globali in R&D, collocandosi al secondo posto dietro gli Stati Uniti (42,3%) e davanti alla Cina (17,1%). Le prime 800 aziende europee hanno destinato complessivamente 247,7 miliardi di euro alla ricerca, segnando una crescita dell’8,7% rispetto all’anno precedente. Questo dato conferma l’importanza del settore industriale europeo nel panorama globale e la sua capacità di attrarre e sviluppare investimenti in ricerca e innovazione.
Il settore automobilistico si conferma il pilastro dell’innovazione europea, assorbendo il 34,2% del totale degli investimenti R&D. Seguono la sanità (19,3%), l’hardware ICT (14%) e il software ICT (7,8%). L’industria automobilistica dell’UE, in particolare, si distingue per un volume di investimenti in ricerca più che doppio rispetto a quello delle controparti statunitensi e giapponesi, e tre volte superiore a quello delle aziende cinesi. Questo dato sottolinea il ruolo centrale che l’Europa gioca nello sviluppo delle tecnologie automobilistiche del futuro, inclusi i veicoli elettrici e autonomi, nonché le soluzioni di mobilità sostenibile.
Un elemento rilevante del rapporto riguarda il ruolo delle piccole e medie imprese (PMI): ben 99 PMI europee figurano tra le 800 aziende più attive in R&D, con una presenza significativa nel settore sanitario. Francia, Svezia, Danimarca e Germania ospitano la maggior parte di queste realtà innovative. Tuttavia, emergono ancora forti squilibri tra gli Stati membri: nei Paesi dell’Europa centro-orientale, come Slovenia, Malta e Ungheria, la rappresentanza delle imprese innovative resta limitata, segnalando la necessità di interventi mirati per ridurre il divario tecnologico e favorire una crescita più equilibrata. La capacità di colmare questo divario rappresenta una sfida cruciale per la politica industriale europea, che deve incentivare lo sviluppo di ecosistemi di innovazione anche nelle aree meno sviluppate, al fine di garantire una crescita omogenea e sostenibile in tutto il continente.
Nonostante i progressi, il rapporto evidenzia alcune criticità, tra cui la necessità di rafforzare la presenza dell’Europa in settori strategici come le tecnologie dell’informazione e la sanità. In particolare, gli investimenti europei nel software ICT rimangono marginali rispetto alla scala globale, dove le imprese statunitensi dominano con il 70% della R&D mondiale. Questa disparità sottolinea l’esigenza di politiche industriali e di ricerca che favoriscano lo sviluppo di competenze avanzate in questi settori cruciali, attraverso incentivi fiscali, programmi di finanziamento e partenariati pubblico-privati. Un ulteriore elemento chiave riguarda la capacità di attrarre e trattenere talenti. L’Europa deve intensificare gli sforzi per formare e trattenere ricercatori, ingegneri e professionisti altamente qualificati, contrastando la fuga di cervelli verso paesi come gli Stati Uniti, dove i livelli retributivi e le opportunità di crescita sono spesso più attrattivi. A tal fine, le politiche europee dovrebbero mirare a potenziare le collaborazioni tra università, centri di ricerca e imprese, favorendo un ecosistema di innovazione più dinamico e interconnesso.